Percorso rosa
Ritratti
Accanto alla produzione paesaggistica, l’altro genere che fu più congeniale a Corompai fu quello del ritratto. Alcuni dipinti di questo tipo venivano eseguiti in ambito privato e rappresentavano solitamente i familiari (la madre, la moglie e i figli) o gli amici.
Altri invece rispondevano ad esigenze di committenza: durante i suoi soggiorni a Cimpello, numerose erano le richieste che gli venivano rivolte per l’esecuzione di ritratti da parte della borghesia e aristocrazia friulana.
Dal punto di vista stilistico, tali ritratti da un lato sono debitori al verismo ottocentesco, nella resa fotografica dei tratti del volto e dell’abbigliamento; dall’altro si concentrano sull’analisi introspettiva dei personaggi raffigurati, il cui stato d’animo può così essere percepito dall’osservatore.
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1 - Autoritratto
Si tratta di un autoritratto realizzato dal pittore in età giovanile, come testimoniano non solo i tratti del volto, ma anche la firma nella dizione ungherese che fa presupporre che esso fosse eseguito entro il 1920, anno in cui egli cambiò il suo nome da Korompaÿ a Corompai. Corompai coglie sé stesso en plein-air, probabilmente in un giardino, che si intuisce solo attraverso l’intromissione, alle spalle dell’uomo, di alcuni sottili rami con foglie di colore verde acceso. Nel dipinto giovanile l’artista sorride compiaciuto verso l’osservatore, quasi si fosse messo in posa per una fotografia (e non si può escludere che egli si sia servito di questo mezzo per autocoadiuvarsi nella realizzazione del dipinto). È elegantemente vestito, porta pizzetto e lunghi e sottili baffi rossicci, mentre sul capo indossa un grande cappello che gli pone in ombra la parte alta del volto e che sembra ricordare il cappello di paglia che il pittore soleva indossare nelle sue uscite “a caccia di panorami”, come ricorda il nipote Bruno Marchi: “… Si calava in testa un fiero cappello di paglia e partiva…”
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8 - Piccola Ninfa
Nell’immagine di piccolo formato è raffigurata una fanciulla sorridente, ritratta fino alle spalle e coronata con il ramo di una pianta – forse edera – che la fa somigliare ad una piccola ninfa, da cui il titolo con la quale fu presentata ad una mostra di Pordenone, come attesta il cartellino posto sul retro (purtroppo però esso non reca la data in cui si svolse tale esposizione). Alle spalle della fanciulla si scorgono i racemi di un albero: ci si trova di fronte ad un altro dei ritratti che Corompai realizzò in giardino, forse ancora una volta quello della sua casa di campagna a Cimpello. Il caschetto rosso della bambina, qui immortalata in un momento di ilarità dovuto probabilmente al gioco che sta interpretando, fa ipotizzare che ci si trovi di fronte al ritratto della figlia minore di Corompai, Ada, che dal padre avrebbe ereditato tale peculiarità fisica. Il volto della fanciulla è reso con precisione, ma si va perdendo di determinatezza sullo sfondo, reso tramite l’accostamento di pennellate ampie che danno un effetto più vago e indefinito, tanto che nella parte alta i capelli della fanciulla si confondono con le foglie dell’albero che le sta alle spalle. A livello cromatico, spicca il bianco candido del vestito che, colpito totalmente dalla luce del sole, ne riflette l’intensità, e il rosso con cui Duilio soleva dipingere le bocche dei fanciulli, per esempio quelle dei nipoti. Racconta infatti Bruno Marchi, quando descrive a Giorgio Cosarini il ritratto che il pittore gli fece: “Mi ricordo che in fase di lavorazione mi azzardai a dirgli che la linea delle labbra era troppo rossa. Mi rispose quasi gentilmente, forse ricordandosi che dopotutto ero il suo unico nipote maschio: per il resto aveva nove femmine”.
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9 - Ritratto di Lavinia
La tela reca sul retro una scritta autografa che ci permette di individuare il personaggio ritratto, Caterina Soppelsa, la madre del pittore, l’età dell’effigiata e quindi anche la data di esecuzione, il 1923. Duilio Corompai dimostrò sempre un grande attaccamento alla madre, che si occupò con dedizione dell’educazione dei figli, e la ritrasse molte volte nel corso della sua lunga ed intensa carriera. È stato rintracciato un carboncino che la raffigura ancora giovane nel 1894, quando l’artista aveva appena diciotto anni. La famiglia si era da un anno trasferita a Bologna e il giovane Corompai si era appena iscritto all’Accademia di Belle Arti della città, per completare la propria formazione e sviluppare le doti artistiche e una propensione al mestiere che si sarebbero rivelate appieno nelle opere del nuovo secolo. Il dipinto ci mostra una donna che, pur segnata dal trascorrere del tempo, mantiene quella sorta di fierezza coniugata ad umiltà che si poteva rintracciare anche nel carboncino di cui si diceva poc’anzi. Ella fissa gli occhi azzurri sul riguardante, con un’espressione che si potrebbe definire in un misto di imbarazzo e tenerezza. È raffigurata a mezzo busto frontalmente, vestita con gli abiti neri che forse le imponeva il lutto coniugale, seduta su una semplice sedia di legno dallo schienale tondeggiante. L’attenzione del pittore si fissa sui tratti fisionomici dell’effigiata, che sono resi con una precisione quasi fotografica; egli si sofferma in particolare sulle rughe del volto, sui capelli diradati o sui semplici gioielli che soli la donna si concede quale abbellimento. Tale minuziosità, unitamente all’introspezione psicologica con cui il pittore indaga l’animo della persona ritratta, riconducendo direttamente al verismo ottocentesco, cui Corompai avrebbe continuato a riferirsi in molti suoi ritratti.
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10 - Ritratto della madre (1893)
L’iscrizione autografa, posta in basso a destra nel dipinto, chiarisce con estrema precisione il momento e il luogo in cui esso fu realizzato. Sappiamo dunque che il 10 dicembre del 1893 Duilio si trovava a Bologna, dove si era trasferito con i genitori proprio in quell’anno e dove nel 1896 aveva ottenuto il diploma all’Accademia di Belle Arti della città, conseguendo anche l’abilitazione all’insegnamento del disegno. Vi si tratterrà qualche anno per fare quindi ritorno a Venezia nel 1897. Sella tela Corompai ritrae la madre Caterina Soppelsa in un interno, un ambiente domestico, mentre lavora all’uncinetto seduta davanti ad un tavolino, ricoperto da una tovaglia ricamata e su cui poggia un vaso di fiori; la donna è rivolta verso una finestra la cui presenza si intuisce dalla luce naturale proveniente da destra attraverso una tenda bianca. La resa pittorica è bituminosa e denuncia la formazione accademica del suo artefice. La tecnica contempo non lascia presagire ancora nulla degli esiti divisionisti e “di macchia” individuabili nella sua produzione successivaIl ritratto della madre ci consente di rintracciare uno dei pochi esempi della pittura realizzata da Corompai nei suoi anni giovanili.
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11 - Ritratto della madre (1923)
La tela reca sul retro una scritta autografa che ci permette di individuare il personaggio ritratto, Caterina Soppelsa, la madre del pittore, l’età dell’effigiata e quindi anche la data di esecuzione, il 1923. Duilio Corompai dimostrò sempre un grande attaccamento alla madre, che si occupò con dedizione dell’educazione dei figli, e la ritrasse molte volte nel corso della sua lunga ed intensa carriera. È stato rintracciato un carboncino che la raffigura ancora giovane nel 1894, quando l’artista aveva appena diciotto anni. La famiglia si era da un anno trasferita a Bologna e il giovane Corompai si era appena iscritto all’Accademia di Belle Arti della città, per completare la propria formazione e sviluppare le doti artistiche e una propensione al mestiere che si sarebbero rivelate appieno nelle opere del nuovo secolo. Il dipinto ci mostra una donna che, pur segnata dal trascorrere del tempo, mantiene quella sorta di fierezza coniugata ad umiltà che si poteva rintracciare anche nel carboncino di cui si diceva poc’anzi. Ella fissa gli occhi azzurri sul riguardante, con un’espressione che si potrebbe definire in un misto di imbarazzo e tenerezza. È raffigurata a mezzo busto frontalmente, vestita con gli abiti neri che forse le imponeva il lutto coniugale, seduta su una semplice sedia di legno dallo schienale tondeggiante. L’attenzione del pittore si fissa sui tratti fisionomici dell’effigiata, che sono resi con una precisione quasi fotografica; egli si sofferma in particolare sulle rughe del volto, sui capelli diradati o sui semplici gioielli che soli la donna si concede quale abbellimento. Tale minuziosità, unitamente all’introspezione psicologica con cui il pittore indaga l’animo della persona ritratta, riconducendo direttamente al verismo ottocentesco, cui Corompai avrebbe continuato a riferirsi in molti suoi ritratti.
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12 - Ritratto di signora
Ignoto rimane il soggetto ritratto in questa tela di medie dimensioni: si tratta di una giovane donna raffigurata a mezzo busto, che rivolge lo sguardo all’osservatore, mentre con gesto quasi vezzoso porta la mano al fianco per spostare il lembo della ricca stola che le copre le spalle, realizzata con precisione, soprattutto nel suo effetto cangiante, attraverso l’uso di colori puri, soprattutto verde e viola, alternati ad alcuni piccoli tocchi bianchi. Mentre i tratti della capigliatura bruna vanno a confondersi con il fondo scuro, risaltano la chiara carnagione dell’effigiata, tinta solo da un pallido rossore nelle guance, e l’abito color lavanda, anch’esso però riflettente la luce e l’ombra, effetto ottenuto grazie all’alternarsi di alcune pennellate viola e ad altre panna. Accanto a questo, catturano l’attenzione da un lato il ciondolo d’oro appeso al collo grazie ad una sottile catenella, anch’essa d’oro, dall’altro lo sguardo penetrante della ragazza dagli occhi azzurro intenso. Si tratta probabilmente del ritratto di una donna appartenente alla borghesia o aristocrazia friulana, dalla quale l’artista ricevette molte commissioni soprattutto negli anni Trenta. Analogamente ad altri ritratti realizzati dal Corompai, il dipinto dimostra come l’artista guardi da un lato al verismo ottocentesco nella resa precisa dei volti, degli abiti e degli accessori della giovane effigiata, nonché nell’introspezione psicologica con la quale indaga il loro animo; dall’altro lato non tralascia di porre l’attenzione sugli aspetti pittorici del dipinto, nel quale lo sfondo indistinto è caratterizzato da pennellate di diversi colori scuri, stesi puri sul supporto.
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13 - Ritratto di Felicita Civran
Il dipinto ritrae Felicita Civran, la compagna di una vita di Duilio Corompai, che affettuosamente il pittore chiamava Felì e da cui ebbe cinque figli, Iris, Mario, Margherita, Ada e Giorgio, quest’ultimo morto in tenera età. Il nipote Bruno Marchi racconta brevemente come avvenne l’incontro tra i nonni, per cui “galeotto” fu proprio il mestiere di pittore: “La prima cosa che so di mio nonno è che andava spesso nelle case della piccola nobiltà terriera Veneta e Friulana ad insegnare i rudimenti della pittura alle fanciulle in fiore. A quei tempi era in uso (per passare il tempo, immagino, in assenza della televisione). E fu così che trovò mia nonna Felì. […] Andarono ad abitare a Venezia, perché il nonno era veneziano, ma venivano a passare l’estate a Cimpello, dove la nonna aveva ancora una campagnetta”. Grazie infatti alla proprietà della famiglia Civran nella campagna pordenonese, i Corompai trascorrevano qui le estati e si trasferirono anche per periodi più lunghi in concomitanza con lo scoppio delle due guerre mondiali. In basso a destra, oltre alla firma, si legge la data di esecuzione del dipinto, il 1930: presumibilmente quindi Felì doveva avere tra i quarantacinque e i cinquant’anni. La donna è colta a mezzo busto, seduta su una poltrona dallo schienale ligneo lavorato, unica concessione alla rappresentazione del mobilio della stanza in cui si trova, contro uno sfondo indistinto. Felicita è elegantemente vestita, pur mantenendo una certa semplicità, e indossa un cappello alla moda con un inserto al centro, sopra la fronte, mentre un tondo orecchino dorato decora il lobo dell’orecchio sinistro, unico gioiello che la donna si concede.
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14 - Ritratto di Gino Marchi
Il soggetto del dipinto è Gino Marchi, il friulano che aveva sposato la figlia minore di Duilio, Ada, e dalla quale aveva avuto Bruno, ritratto in un altro dipinto nel 1943, quando il pittore e la moglie Felicita Civran decisero di trasferirsi nella campagna pordenonese da Venezia per sfuggire alla guerra. Gino è giovane, elegantemente abbigliato con giacca doppio-petto grigio scuro dal cui taschino esce l’angolo di una pochette color panna, la camicia bianca e la cravatta cangiante sui toni dell’azzurro. È ripreso a mezzo busto, di tre quarti verso sinistra, con entrambe le mani nelle tasche dei pantaloni e lo sguardo fiero, rivolto verso l’osservatore, che contestualmente lascia però trasparire una certa timidezza.
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15 - Ritratto di Bruno Marchi a nove anni
Il dipinto ritrae l’unico nipote maschio di Corompai, Bruno, e venne realizzato nel 1943, quando il pittore si trasferì a Cimpello con la moglie e la famiglia della figlia Ada. Il fanciullo sorride sereno all’osservatore con una tenerezza che fa immediatamente intendere quale fosse il suo legame con l’artista. “Fin dai primi anni della guerra i nonni abitarono a Venezia e gli incontri erano saltuari. Ma nel ’43 sfollammo in campagna, i nonni vennero con noi e – finita la guerra – si stabilirono in un appartamento comunicante col nostro”. Con queste parole Bruno Marchi, figlio di Gino Marchi e di Ada Corompai, inizia il suo racconto sul periodo di convivenza a Cimpello con i nonni Duilio Corompai e Felicita Civran, quando aveva nove anni. Proprio a quest’epoca risale il dipinto di cui qui si tratta e che così è descritto dall’effigiato allo stesso collezionista: “Però il tempo era molto, e così mi fece anche un ritratto a figura intera. Mi rappresentò come un piccolo intellettuale, con un gran libro aperto sulle ginocchia e un altro accanto (era la Divina Commedia illustrata dal Dorè). E mi ha fatto un’arietta presuntuosa da primo della classe. Però è carino e mi richiama la caducità delle cose umane: che bella massa di capelli avevo! Mi ricordo che in fase di lavorazione mi azzardai a dirgli che la linea delle labbra era troppo rossa. Mi rispose quasi gentilmente, forse ricordandosi che dopotutto ero il suo unico nipote maschio: per il resto aveva nove femmine. Ma bastò il tono, e mi guardai da ulteriori interventi. Come in altri ritratti, Corompai decide di utilizzare una tela ovale: Bruno viene interrotto nella lettura di un libro che presenta una bella figura sulla pagina destra. Un altro libro rosso (appunto la Divina Commedia) è poggiato sulla raffinata poltrona verde che contrasta a livello cromatico con la chiara parete di fondo e di cui il fanciullo sfrutta come seduta unicamente il bracciolo. Il soggetto, abbigliato con casacca e pantaloncini bianchi, sorride sereno all’osservatore, non tanto con l’aria presuntuosa di cui parla Bruno, quanto piuttosto con una tenerezza che fa immediatamente intendere quale fosse il suo legame con l’artista.